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La priorità è la sanità. E l’autonomia può portare benefici

Ugo Dici, alla guida della Cisl Lombardia «Paghiamo anni di abbandono delle politiche sull’edilizia popolare»
di Andrea Gianni

«Il primo punto su cui bisognerebbe lavorare è la sanità pubblica, accelerare sulla messa in opera di quella medicina di prossimità al centro della riforma». È l’analisi di Ugo Duci, segretario generale della Cisl Lombardia, pensando a un’agenda delle priorità per il nuovo anno.

Qual è la sua posizione sull’autonomia? Quali sviluppi ci saranno in Lombardia?

«La posizione della Cisl sul tema dell’autonomia è laica, senza pregiudizi. Non siamo favorevoli o contrari a prescindere: andiamo a vedere che cosa succede. Può avere effetti positivi nella responsabilizzazione delle istituzioni locali a tutti i livelli, portare elementi di progresso e di innovazione. Potrebbero esserci opportunità, ma vedremo come verrà attuato nel concreto questo percorso».

C’è il rischio di una ulteriore spinta verso la privatizzazione di servizi pubblici, come la scuola?

«Il fatto che questa riforma sia legata alla preventiva identificazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) e delle risorse necessarie dovrebbe garantire che non ne derivi quello sfascio dell’unità d’Italia eccessivamente propagandato da alcuni. I Lep si applicheranno da Aosta a Pantelleria, e questo dovrebbe impedire che siano messi in discussione i diritti fondamentali. L’attuazione del percorso, a nostro avviso, dovrà essere realizzata attraverso un confronto con le realtà locali, i rappresentanti dei lavoratori e delle imprese, il modo del sociale e del no profit. Non vogliamo che la riforma si tramuti in un nuovo centralismo regionale».

Come si sta muovendo, in questo nuovo anno, il mercato del lavoro?

«Dopo gli anni difficili della pandemia siamo tornati alla normalità. Ci sono luci e ombre, come in tutti i cicli economici picchi di positività e fasi di stasi. Non mi pare che per ora la situazione sia allarmante, anche se come sempre non possiamo dormire sonni tranquilli».

Quali sono i temi su cui bisognerebbe puntare nei prossimi mesi, pensando a un’agenda delle priorità?

«In Lombardia bisogna recuperare quelle criticità, venute alla luce con la pandemia, in tema di servizio sanitario regionale. Accelerare sulla messa in opera della medicina di prossimità e sulla piena realizzazione delle case di comunità, che devono essere punti di riferimento sul territorio per evitare che si intasino i pronto soccorso. Bisogna dare ai cittadini delle strutture sul territorio, per evitare che finiscano sempre per rivolgersi ai grandi ospedali. Il primo punto, senza dubbio, è la sanità. Sul lavoro per fortuna non ci troviamo di fronte a una realtà drammatica, ma a quella situazione particolare di imprese che non trovano personale e d’altra parte lavoratori che non trovano un posto».

Come risolvere questo problema?

«Stiamo lavorando con la Regione perché il mismatch tra domanda e offerta di lavoro si riduca anche in Lombardia a livelli fisiologici. Bisognerebbe fare una riprogrammazione dei percorsi di formazione, che facciano davvero incrociare la domanda delle imprese con l’offerta. Ci sono molti giovani con grandi competenze che vanno a cercare la risposta più adeguata fuori dall’Italia, ed è tutto grasso che invece che colare in Lombardia finisce altrove. È un peccato, perché forse non sono a conoscenza delle opportunità che il territorio offre. Inoltre siamo in debito con le donne: in questi anni sono cresciute le donne con percorsi scolastici importanti, ma l’offerta è sempre di mansioni inferiori rispetto alle loro qualifiche. Uno strumento positivo, per questo, sono gli sgravi fiscali per le imprese che assumono giovani e donne. Come Cisl nazionale, inoltre, abbiamo presentato la proposta di legge con 400mila firme per dare attuazione all’articolo 46 della Costituzione sulla “partecipazione al lavoro“: partecipare all’impresa e godere dei frutti quando si generano profitti è la via per mettere soldi nelle tasche dei lavoratori».

Sul tema del costo della casa, come si potrebbe intervenire?

«Non ho mai desiderato vivere in una società dove le case le fa lo Stato ma, d’altra parte, se il mercato non è regolato prima o poi genera mostri. Faccio fatica ad avere una ricetta, stiamo pagando il prezzo di anni di dismissione delle politiche sull’edilizia pubblica e sulle case popolari».