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La buona annata delle bollicine. Ora il restyling per crescere ancora

Dopo tre anni di meteo inclemente, ottima vendemmia. «Gli effetti saranno apprezzati non prima del 2026»
di Paolo Galliani

Il tempismo è un’arte? Certo che lo è. E se c’è un momento per ogni cosa, questo inizio anno sembra provvidenziale per la Franciacorta, decisa a marcare in modo ancora più incisivo la leadership nella produzione italiana di «bollicine» attraverso un’immagine nuova e più contemporanea, capace d’intercettare meglio l’interesse dei mercati, sia quello interno che quello internazionale. Progetto che deve essere ancora precisato ma che è già intuibile: il 2024 terrà battesimo un radicale restyling, a partire dal famoso logo con la «Effe turrita » che verrà ritoccato e ripensato.

Un sostanziale rebranding che interesserà la parte grafica ma anche quella contenutistica, così come deciso dal Consorzio che tiene insieme 122 cantine operative tra Monte Orfano e il lago d’Iseo. Con un’ambizione dichiarata: elaborare una strategia di comunicazione più accattivante; e migliorare il posizionamento sul mercato dei grandi vini prodotti in questa invidiabile porzione di Lombardia dove il costo medio di un ettaro si aggira mediamente attorno ai 400mila euro.

Si annunciano novità anche dal punto di vista produttivo. E che quella attuale sia una stagione speciale per l’ente di Erbusco è più che un’evidenza, come conferma lo stesso presidente Silvano Brescianini, imprenditore dalla scarsa propensione all’enfasi ma dall’ottimismo proverbiale. Peraltro motivato. Perché a 62 anni dalla prima bottiglia e a 32 dalla fondazione dell’ente consortile, la Franciacorta sembra avere raggiunto una consapevolezza invidiabile, al di là dei risultati congiunturali delle diverse annate inevitabilmente segnate dalle alterne condizioni climatiche. E perché il 2023 consegna un bilancio tutt’altro che amaro. «Intanto in termini di vendemmia – spiega Brescianini –, dopo tre anni maltrattati dal meteo, è stata generosa sia in termini di qualità che di quantità. Illuminante il confronto con il 2019, l’ultimo anno positivo o quantomeno «normale», con un +11,2% promettente, anche se gli effetti di una raccolta così buona potranno essere apprezzati non prima del 2026». Ed è un consuntivo che sdogana altre voci interessanti.

Intanto, anche nel 2023 la Franciacorta ha sfiorato i 20 milioni di bottiglie prodotte (19 milioni e 521mila) con una leggera flessione rispetto al 2022 (-3,4%) ma con confortante +26,5% nel confronto con il periodo prepademico. Altro dato positivo, il prezzo medio di un Franciacorta a scaffale: 24,4 euro (22,9 euro nel 2022). E se il 2024 presumibilmente non farà registrare un aumento della commercializzazione (per la ridotta disponibilità nelle cantine dovuta alla scarsa resa delle vendemmie 2019-2020), c’è chi pronostica una sensibile ripresa nel 2026, quando si potrà apprezzare la buona annata 2023. Perché se il venduto in Italia fa registrare una breve flessione nel 2023 rispetto al 2022 (-4,1%), a tenere banco è l’incremento esponenziale delle vendite all’estero (+2,5% dell’export nel 2023 rispetto al 2022), in particolare in Svizzera (+41,5%), Germania e Giappone e negli States (+17,4%) dove la reputazione dei vini franciacortini è lievitata grazie ad una serie di operazioni mirate di marketing.

Non ultima, quella che ha fatto del Franciacorta l’unico «sparkling wine partner» degli Emmy Awards consegnati lo scorso 15 gennaio a Los Angeles, privilegio salutato con orgoglio da Brescianini per la forte visibilità di cui il brand di Erbusco ha potuto godere. Assieme alla promessa di altri appuntamenti apicali per il 2024, sull’onda di quelli che avevano marcato il 2023, come le settimane della moda a Milano, la MilleMiglia e la presentazione della guida Michelin che vedeva la Franciacorta come «Destination partner» (per l’anno in corso il condizionale è d’obbligo: la trattativa è in corso). Vera chicca, il «Festival di Primavera» che il 16 e 17 marzo chiamerà a raccolta artisti e scrittori assieme a chef e ristoratori per creare connessioni tra cultura e cibo e rivelare la nuova dimensione multitasking della terra elettiva della spumantistica italiana: le cantine come laboratori per degustazioni ed eventi colti; le vigne come location per incontri rigenerativi ed esperienze immersive nella natura.