Fisco, bollette, burocrazia: «Non fermate le aziende». Pnrr, si spendano bene i soldi

È lungo l’elenco dei temi sul tavolo di Alessandro Spada, presidente di Assolombarda dal maggio 2020. Caro energia, fisco, Piano nazionale di ripresa e resilienza, rilancio post (e nonostante il) Covid e prospettive di crescita. A non far dormire sonni tranquilli ai 7mila imprenditori lombardi, in questi mesi è il rincaro delle bollette a doppia cifra. «Il problema tocca tutte le aziende e tutti i settori – ragiona Spada – e sta impattando pesantemente sui bilanci, tanto che alcune, pur in presenza di molti ordinativi, preferiscono lavorare a ranghi ridotti o addirittura chiudere piuttosto che lavorare in perdita perché non hanno possibilità di trasferire gli extra costi sui prezzi prefissati del prodotto finale». Una beffa, ancor di più perché «gli ordini arrivano, siamo in un momento positivo ma ci troviamo a fronteggiare questa emergenza che riduce la portata della ripresa. E riduce il recupero del gap che sia la Lombardia che il resto del Paese stavano registrando». A corollario, la volatilità delle materie prime e la scarsità di alcuni beni, sono altri nodi gordiani da sciogliere. Il Centro studi di Confindustria ha calcolato per il 2022 una bolletta di 37 miliardi di euro, rispetto ai 21 nell’anno appena concluso e agli 8 del 2019. Un rincaro di 29 miliardi, «il valore di una legge di bilancio -– calcola Spada – talmente importante che la si inizia a discutere a ottobre e la si approva a fine Natale, spostando voci e poste. Noi, questa cifra, la perdiamo in tre anni». Purtroppo, le ultime misure del Governo per contrastare l’emergenza sono riferite esclusivamente al breve periodo e all’energia elettrica, senza dunque interventi sul gas, che è la componente energetica che ha subito il rincaro più elevato e che rappresenta un vettore energetico importante per il nostro Paese».
Come reagiranno gli imprenditori?
«Se assorbono i costi extra le aziende rischiano di perdere o, peggio, chiudere; se le scaricano sul mercato, il consistente aumento dei prezzi si scarica a valle sui consumatori, con forte impatto sull’inflazione che già a dicembre abbiamo visto in crescita».
Apriamo il capitolo fisco. Cosa chiedete?
«Quel che noi ci attendiamo sono leggi stabili nel tempo. Continuare a lavorare con leggi che cambiano di anno in anno e valgono fino alla successiva legge di bilancio è la difficoltà maggiore che abbiamo, in tutte le attività. Le aziende italiane sono più abituate a questa dinamica; invece quando parliamo con le multinazionali, per loro le difficoltà aumentano, non riescono a capire come nel nostro Paese una legge non abbia una validità superiore a un anno senza subire modifiche».
Ritenete soddisfacente l’ultima legge di bilancio?
«Come in alcuni momenti abbiamo plaudito al governo per alcune misure molto efficaci, stavolta non possiamo nascondere l’insoddisfazione. Destinare 7 miliardi a una imposta come l’Irpef e un altro miliardo di Irap ma solo per le aziende individuali e i professionisti, non è stata una scelta vincente. Noi auspicavamo 13 miliardi destinati a ridurre il cuneo fiscale, per 2/3 a favore dei lavoratori e 1/3 alle imprese. Questa misura avrebbe dato uno slancio economico importante. Gli imprenditori lamentano il costo del lavoro troppo alto, i dipendenti gli stipendi fra i più bassi in Europa: l’intervento da noi proposto sì che avrebbe ridato tonicità a entrambi i fronti».
Quali sono gli altri nodi da sciogliere per il futuro?
«Transizione 4.0: abbiamo sempre chiesto un mantenimento nel tempo della misura senza continue modifiche di anno in anno. È vero che l’agevolazione è stata prorogata fino al 2025, ma riducendo le aliquote nel tempo e diminuendone quindi l’interesse. E ancora, introdurre il ‘Carry back’: per dare alle aziende la possibilità di dedurre le perdite maturate in un determinato esercizio anche dagli esercizi precedenti, per riequilibrare anni positivi e anni negativi, una misura in vigore altrove in Europa. Sarebbe un intervento di equità. Necessaria anche una revisione dei limiti di deducibilità degli interessi passivi, per darne piena rilevanza tributaria per le società che non fanno parte di gruppi. Sono semplificazioni fondamentali: chiediamo meno burocrazia, non favori».
Il Pnrr dovrebbe essere la svolta attesa per tutta Italia. A che punto siamo?
«Il Pnrr ha dato grande energia e fiducia, e infatti le imprese hanno subito ripreso a galoppare sui mercati. Ora però resta lo «scarico a terra» che deve essere ancora definito. Sin dal primo luglio, giorno dell’Assemblea Generale di Assolombarda, ho detto che la questione fondamentale era l’execution, soprattutto a livello territoriale. Così tanti soldi dall’Europa da spendere non li abbiamo mai avuti, anzi abbiamo sempre fatto fatica a spenderne molto meno negli anni precedenti. Oggi il tema è ancor più importante: il 70% delle risorse del Pnrr deve essere impegnato entro quest’anno, il resto entro il 2023. A preoccuparci è soprattutto lo scarico dei grandi progetti a livello locale. Infatti questa prima fase di gestione del PNRR è stata caratterizzata da una certa confusione: le istituzioni locali hanno avuto difficoltà a comprendere come orientarsi nella giungla dei provvedimenti riguardanti il PNRR e rispetto alle modalità della sua gestione. Come facciamo a impegnare queste risorse se il quadro normativo non è chiaro?».
Quali sono le priorità per il Pnrr?
«La nostra attenzione è rivolta principalmente ai progetti infrastrutturali, grande opportunità per il nostro territorio. Tanti progetti non sono andati avanti, finora, proprio per i limiti di una burocrazia difficile da ridurre. Ma ridurre la burocrazia è fondamentale, mette in difficoltà il nostro tessuto imprenditoriale, spaventa gli investitori esteri ed è un ostacolo anche per i cittadini».
Un progetto su cui investirebbe?
«Milano come città metropolitana, con l’allargamento dei confini: si investa su tutte le infrastrutture che colleghino Milano con i suoi territori, per creare una città di 3 milioni di abitanti. Ecco la grande sfida, una vera città metropolitana connessa al suo interno, fulcro per l’intero Paese. Uno snodo tra Est e Ovest d’Italia, il Nord e il Sud attraverso il porto di Genova. Poi la digitalizzazione, dove bisogna fare un grande salto soprattutto a livello pubblico perché abbiamo visto come con la pandemia le imprese si siano riorganizzate per stare al passo delle aspettative, mentre nel pubblico non tutto è filato liscio. Nel messaggio del 2021 ha puntato sul concetto «Noi ci siamo. Insieme possiamo ripartire».
Quale messaggio si sente di dare agli imprenditori per il 2022?
«La nostra visione è sempre quella di crescere , ed essere più inclusivi. Fondamentale la rigenerazione in un Paese come il nostro costruito a valle della guerra mondiale, che ha infrastrutture, scuole, edifici con 70 anni d’età, pensati in un’epoca oggi lontana. Rigenerazione e integrazione per rendere il Paese più competitivo, questo è il messaggio».