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Quattro laureati su cinque trovano subito lavoro: «Il sistema sta reggendo»

Il prorettore per l’Alta formazione e per il Job placement della Bicocca: per la triennale siamo 13 punti al di sopra della media nazionale
di Simona Ballatore
Mario Mezzanzanica, prorettore per l’Alta formazione e per le attività del Job placement della Bicocca

Quattro laureati su cinque trovano lavoro entro l’anno dopo il percorso di studi triennale all’università Milano-Bicocca. Via la barriera tra mondo accademico e mercato del lavoro: il legame imprese e ateneo è a doppio filo, si cuciono programmi di studio insieme, si fa ricerca, crescono i dottorati industriali e nascono laboratori congiunti in settore strategici come quello della cosmesi, che in Lombardia concentra 700 imprese, il 55,5% delle industrie cosmetiche italiane. «Stiamo investendo molto – conferma Mario Mezzanzanica, prorettore per l’Alta formazione e per le attività del Job placement della Bicocca – per togliere quell’autoreferenzialità che spesso avevano le università, lavorando a 360 gradi sia nella ricerca che nella didattica. È fondamentale per dare un contributo allo sviluppo del Paese e connettere i giovani col mondo del lavoro durante tutto il percorso di studi. Abbiamo coinvolto tremila realtà tra imprese, istituzioni e mondo del no profit».

L’effetto pandemia si fa sentire all’ingresso dei laureati nel mondo del lavoro?
«Le ultime indagini Almalaurea inquadrano la prima metà del 2020, mesi già significativi per vederne l’impatto. L’82,1% dei nostri laureati triennali ha trovato lavoro entro l’anno, un valore 13 punti al di sopra della media nazionale, sette punti in più della media regionale. Il dato si riferisce a quanti scelgono la strada lavorativa, oltre il 60% prosegue negli studi. Nel caso dei laureati magistrali, il 78% trova lavoro entro l’anno: anche in questo caso 10 punti in più rispetto alla media nazionale, due punti in più del dato lombardo. La percentuale di incidenza del tasso di disoccupazione rispetto all’anno prima è di 1,8 punti: la pandemia ha inciso, ma non in modo così significativo rispetto per esempio ai lavoratori precari. C’è stato qualche ostacolo all’ingresso, iniziare un lavoro in “Dad” non è il massimo della vita, ma il sistema sta reggendo. C’è da risolvere però un problema a livello nazionale che riguarda la retribuzione».

Quale?
«Rispetto ai giovani di altri Paesi europei il divario economico c’è. La retribuzione netta media per i laureati triennali è di 1.300 euro, per i magistrali poco più 1.360 euro. Ed è un punto critico, da anni in stagnazione, che deve essere superato».

Nonostante la crisi economica, come si spiegano invece quei 13 punti in più degli occupati rispetto alla media nazionale?
«Il contesto lombardo aiuta, la nostra è una delle regioni che presenta una domanda maggiore di figure specializzate. E la qualità della didattica è apprezzata dalle imprese durante gli stage ma non solo, anche nell’attività di ricerca. Penso ai dottorati industriali, sui quali abbiamo investito molto».

Quanti sono?
«Nel 2021, 279 persone hanno frequentato un dottorato in Bicocca e abbiamo avuto 1.582 candidature. Il 39% è rappresentato da dottorati industriali. Un valore cresciuto di dieci punti percentuali dal 2018. E il tasso di occupazione entro l’anno dei nostri dottorati è di circa il 92-93%. Questi dottori di ricerca lavorano per il 52% nel pubblico, nei centri di ricerca, nelle università, ma oltre il 44% nel privato, nell’industria, dalla chimica all’energia, alla sanità. Il 3% nel no profit, altra realtà che comincia a guardare al dottorato».

Si stilano programmi con le imprese, si aprono laboratori congiunti.
«E ci sono esempi stellari. Penso al Joint Lab Bicocca-Intercos, laboratorio nato l’anno scorso per ricercare materie prime, principi attivi e dare impulso al settore della cosmesi mettendo al centro la sfida della sostenibilità».