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«Sui fondi del Pnrr vietato sbagliare. E serve un piano di infrastrutture»

Roberto Cardinali è il presidente di Confindustria Marche: lavorare in fabbrica non è di serie B, cambiamo mentalità

È in sella da poco più di due mesi, Roberto Cardinali, 37 anni, espressione della territoriale di Fermo. A lui le redini di presidente di Confindustria Marche. È arrivato a guidare gli industriali dopo un percorso accidentato come una Parigi-Dakar.

Vestivamo alla marinara quando si è iniziato a parlare di una Confindustria unica nelle Marche. Anche se lei è appena arrivato, come andiamo?

«Diciamo che per il momento non è tanto importante un’aggregazione fra tutte e cinque le territoriali di Confindustria, quanto avere una visione comune sugli obiettivi. Credo che questo sia il passo più importante». Sensibilità diverse? «No, questo non credo, al di là di alcune aggregazioni non finite bene».

Allora?

«Diciamo che tutti i vari comparti produttivi in questo momento hanno gli stessi problemi e le tematiche sul tappeto valgono un po’ per tutti».

Le prime problematiche emerse?

«Direi che uno dei temi di cui si sta discutendo è quello legato alle infrastrutture non solo materiali, ma anche tecnologiche. Non solo lo spostamento delle merci, ma anche degli uomini. E cioè le difficoltà che abbiamo noi a muoverci: il profilo dei tempi, che sono poi anche quelli che incontra chi invece deve raggiungere la nostra regione».

Faccia un esempio?

«Ne faccio uno che forse è al limite, ma rende bene l’idea. In Cina mi sono spostato da Shanghai per raggiungere una città che era distante oltre mille chilometri. Con il treno ci ho messo poco meno di quattro ore. Un marchigiano, un imprenditore che si muove, nello stesso tempo può arrivare a Milano».

Che cosa significa in termini reali?

«Molto, ma vuole dire molto anche in termini di incontri di lavoro, perché mi è capitato di veder saltare appuntamenti di lavoro soprattutto con colleghi che arrivavano da Paesi extra Unione europea».

Si risolve questo problema, secondo lei?

«Inutile farsi illusioni. Nell’arco di un mandato, sia a livello regionale che nazionale, non si riuscirà a risolverli. Bisogna invece programmare, avere una visione e quindi stabilire un cronoprogramma per concludere i lavori. Sicuramente una cosa che non ci possiamo permettere è di perdere i finanziamenti del Pnrr, perché siamo davanti a una occasione unica e quindi non si può sbagliare».

Un altro tema molto dibattuto è quello relativo alla mancanza di personale. Come pensate di superarlo?

«Guardi, il cinquanta per cento delle richieste di personale non è evaso perché la domanda non si interfaccia con l’offerta. Bisogna lavorare sulle scuole, sugli insegnanti e sulle famiglie, perché c’è questa mentalità secondo la quale lavorare in fabbrica è di serie B. Invece questo non è vero e spesso si guadagna anche di più rispetto ad altre professioni, anche perché le fabbriche sono cambiate e non sono più quelle di venti anni fa».

Solo questo?

«No, sopra occorre metterci anche il problema di prima, e cioè le infrastrutture: arrivano giovani per colloqui che alla fine rifiutano perché per tornare a casa devono passare il week-end in auto. Anche se è vera un’altra cosa: le Marche piacciono perché il territorio colpisce e ti permette anche di andare dal mare alla montagna nel giro di un’ora e viceversa. Un punto a nostro favore, ma devi comunque facilitare le aspettative di vita».

Complessivamente, che aria tira nel mondo dell’industria regionale?

«Direi che sostanzialmente tutta l’industria della regione ha reagito molto bene, perché siamo tornati ai livelli pre-pandemia sotto il profilo della produzione e siamo andati molto bene anche sotto il profilo dell’export. E tutto questo nonostante il quadro economico generale sia complesso».

Che cosa intende?

«Non abbiamo solo il problema della guerra, ma pesa anche il problema del costo dell’energia. E questi saranno i grandi temi che avremo davanti in questo anno che si è appena aperto».

Poche, grandi industrie e molti terzisti: si cammina ad handicap?

«Questo è parzialmente vero, anche se il nanismo non aiuta. Ma è anche vera un’altra cosa: siamo la regione del saper fare, e cioè in alcuni segmenti produttivi siamo molto bravi e siamo competitivi a livello internazionale».

In alcune specializzazioni, come quelle della moda, arrivano i colossi e comprano.

«Direi che bisogna considerare l’aspetto positivo, anche se molte situazioni sono legate a scelte personali degli imprenditori».

Il positivo dov’è?

«È nel fatto che siamo in grado di attrarre capitali e questo è un grande riconoscimento per i nostri imprenditori. Quindi, grandi gruppi che arrivano, investono e creano lavoro».

Come vanno i rapporti con la regione?

«Diciamo che siamo ancora ai primi approcci, ma devo dire che c’è spirito di collaborazione».

Lei rappresenta la società Tecnofilm, faccia una scheda per i marchigiani che magari non la conoscono?

«Abbiamo chiuso il 2022 con 58 milioni di fatturato, abbiamo sessanta dipendenti e un nuovo capannone in costruzione. Operiamo nell’ambito delle materie plastiche. Lavoriamo nel calzaturiero, ma ora operiamo anche per altri settori, che vanno dall’edilizia fino all’automotive».

Ultima domanda: che cosa replica a chi dice che Confindustria non si sente?

«Saranno smentiti».