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«Un Piano per l’Umbria. Occorre ripartire dal contributo di tutti»

«Da tempo, come sindacato, come Cgil, proponiamo un Piano per l’Umbria, attraverso il contributo di tutti gli attori sociali della nostra regione, a cominciare dalle nostre Università»
di Sofia Coletti

«DA TEMPO, come sindacato, come Cgil, proponiamo un Piano per l’Umbria, attraverso il contributo di tutti gli attori sociali della nostra regione, a cominciare dalle nostre Università». È Il progetto per la ripartenza nel 2024 di Rita Paggio, segretario regionale della Cgil Umbria, che sottolinea le grandi emergenze del momento. «L’assenza di una politica industriale nel paese e ancor di più in Umbria – spiega – ha fatto sì che negli ultimi 15 anni, come ha rilevato la Cgia di Mestre, la nostra regione abbia perso quasi il 30% di valore aggiunto della sua attività manifatturiera.

È evidente che un dato del genere deve interrogare tutta la classe dirigente regionale, a partire da quella imprenditoriale, che ha puntato in questi anni prevalentemente a una competizione al ribasso, comprimendo il costo del lavoro, insistendo con gli appalti e sub appalti, in una regione fanalino di coda in tema di sicurezza. E colpendo duramente i salari, che in Umbria sono ben al di sotto della media nazionale. Conseguenza ne è anche lo spopolamento impressionante della nostra regione, alimentato dalla fuga dei giovani: l’Istat dice che al ritmo attuale l’Umbria nel 2070 avrà poco più di 660mila persone. Questa – ribadisce – insieme alla questione del cambiamento climatico, è l’emergenza assoluta che dovremmo mettere al centro di ogni nostro ragionamento.

Da qui la necessità di “Piano per l’Umbria“. «Un progetto – tiene a ribadire – che abbia come obiettivo fondamentale quello di “rimettere al centro il lavoro”, piegando tutte le risorse disponibili verso questo risultato. Serve un progetto che parli di welfare come fattore di sviluppo e perciò di buon lavoro, una sanità eccellente, un’alta qualità ambientale, scuole all’altezza della sfida, specie nelle aree interne a maggior rischio di spopolamento. Servono politiche industriali, non solo fatte di bandi, ma che siano invece di orientamento e supporto per le nuove imprese, in raccordo con quelle delle regioni limitrofe. Queste scelte dovrebbero essere pezzi di un puzzle che ridefinisce i connotati regionali di un’Umbria rinnovata e dinamica in grado di essere coerente con la sua storia»