«Rimettiamo il lavoro al centro della società. Ecco come»

SÌ ALLA sostenibilità come tema conduttore delle future politiche cooperative, ma solo a patto che si intervenga contemporaneamente in ambito sociale, economico e ambientale. Il 2024 della cooperazione in Emilia-Romagna si apre all’insegna dell’incertezza determinata da fattori geopolitici ed economici di rilevanza mondiale, ma con la consapevolezza di poter contare su strutture in grado di fare impresa in modo più consapevole e misurato. Ne è certo Daniele Montroni, presidente di Legacoop Emilia-Romagna, una rete di 3 milioni di soci e il cui valore della produzione si attesta a 31,8 miliardi di euro. Ben 1.143 le cooperative associate, che impiegano 178 mila addetti (89,9% a tempo indeterminato): un movimento attivo in ogni settore e parte fondamentale dell’economia dell’Emilia-Romagna.
Presidente, partiamo dall’inizio: qual è lo stato di salute della nostra economia?
«Anche in Emilia-Romagna avvertiamo segnali di peggioramento della situazione economica, sebbene non particolarmente preoccupanti, tuttavia derivanti da un calo generalizzato rispetto alla domanda di soli 5-6 mesi fa. Si tratta di segnali di difficoltà nel potere d’acquisto delle famiglie, con un’inflazione che nel 2023 è arrivata al 5-7%. Il tasso inflattivo è sì destinato a scendere nel 2024, i segnali ci sono già, ma siamo ancora lontani anni luce da un reale abbassamento. Tutto questo frena la capacità di consumi interni, mentre sul fronte degli investimenti si registra un’analoga frenata a causa dei mutui e dei tassi ancora al 4,5%».
Qual è l’effetto?
«Tassi di crescita contenuti che si attestano intorno allo 0,7%, con 3mila miliardi di debiti come Stato. Ma su questa situazione si inserisce dell’altro come il preoccupante rallentamento delle esportazioni per la situazione geopolitica (Mar Rosso, Israele, Ucraina) che determina molta incertezza. così come il fatto che quest’anno va a votare metà della popolazione mondiale, circa 4 miliardi di persone e gli scenari politici che ne emergeranno influenzeranno i mercati finanziari».
Il quadro tracciato al momento è solo con toni cupi. Nessuna luce?
«In realtà rispetto alla cooperazione ci sono due elementi che ci fanno capire, invece, che c’è una reazione del tessuto produttivo. Dal un lato registriamo una sostanziale conferma degli investimenti programmati dai soci, grazie anche a un approccio più misurato e ponderato che consente di superare più facilmente le difficoltà. Dall’altro, resta alta nelle coop la domanda di occupazione. Infatti, rispetto alla pandemia e al relativo crollo delle produzioni, mentre altre forme di impresa hanno ridotto il costo della manodopera, le coop hanno agito diversamente, investendo nel capitale umano e alla ripresa erano più pronte».
Quindi quali sono le sfide del 2024 e del prossimo futuro?
«Lavoriamo sulla sostenibilità, ma in tre dimensioni: sociale, economica e ambientale. Se non si tengono insieme, allora non c’è una reale risposta alle sfide che siamo chiamati ad affrontare. Investiamo nella digitalizzazione e nell’intelligenza artificiale, ma poniamo anche un’attenzione molto forte alla sostenibilità ambientale sia nell’ambito dei processi produttivi sia nei prodotti. In particolare c’è molta attenzione nel mondo cooperativo al fronte energtico: in regione si è spinto molto sulla nascita di comunità energetiche. Sappiamo che le Cer non saranno una risposta risolutiva al tema energetico, ma pensiamo che attraverso quello strumento si attiverà anche una risposta di responsabilità sociale, che è alla base della costruzione delle comunità».
Parliamo di lavoro: con la pandemia si è registrata una grande fuga dal posto fisso, oggi sono tantissimi i settori che reclamano difficoltà nel reperire figure più o meno specializzate, e l’intelligenza artificiale si sta affacciando con prepotenza come alternativa in diversi ambiti. Come far fronte a questi temi?
«Sulle risorse umane dobbiamo metterci nell’ordine d’idea che da qui a 10 anni i giovani svolgeranno lavori che al momento non sono ancora stati inventati. Non è un problema, la storia ce lo insegna, ma i segnali va nno colti. Ciò che mi preoccupa, invece, è che il lavoro ha perso centralità nella società: non è più l’elemento determinante della qualità della vita. come la crescita delle dimissioni volontarie evidenzia. Oggi si sono affermati altri valori, puoi trovare soddisfazione nel lavoro ma anche in altre cose. E per un sistema cooperativo dove l’essere socio è una scelta di vita, se il lavoro perde appeal bisogna fare qualcosa per tutelare la sopravvivenza delle coop stesse».
Cosa ad esempio?
«Ad esempio attraverso una nuova mutualità, investendo in sistemi di welfare aziendali più completi, che contemplino anche il tempo libero e la formazione. Occorre però costruire questa mutualità in modo intercooperativo, dove l’offerta che si può avere lavorando in una coop di grandi dimensioni sia la stessa che anche una di piccole dimensioni può offrire, senza disparità. Poi c’è il tema della casa, che resta prioritario per consentire ai lavoratori di costruirsi un futuro».
Grazie all’AI possono aprirsi anche nuovi settori d’investimento?
«Sì e consente anche un avanzamento dei processi produttivi. La prima fase della digitalizzazione volle dire poter fare in modo automatico operazioni ripetitive. Ora l’AI consente di elaborare informazioni per implementare i processi, ma non scompaiono i lavori tradizionali anche se bisogna stare attenti a non creare divari».