«Piccoli invasi contro la siccità. Così si aiutano i coltivatori»

Alessandro Taddei, presidente della Confederazione italiana agricoltori (Cia) delle Marche, tra clima impazzito e conseguenze della pandemia come sta andando il comparto agricolo in regione?
«La situazione sta peggiorando, tra caldo anomalo e grandinate. Ma le criticità che riscontriamo sono a macchia di leopardo, si fa fatica a quantificare. Ad esempio, la foraggicoltura nelle zone irrigate ha avuto perdite nella produzione attorno all’otto o dieci per cento, mentre nelle aree interne, pari a più del settanta per cento della superficie coltivabile regionale, abbiamo perdite che arrivano anche al cinquanta per cento. Lo stesso per il grano duro (siamo la terza regione produttrice in Italia), alcune zone baciate da qualche piovasco primaverile hanno limitato i danni fermandosi al sette o dieci per cento di perdite, ma altre zone purtroppo hanno perso il venticinque o anche trenta per cento della produzione. Per l’oliva idem, tra il dieci e il quindici per cento, e in alcuni territori si registrano picchi superiori al cinquanta o sessanta per cento. Sul fronte dell’uva da vino e della frutta, invece, al netto delle grandinate e delle trombe d’aria, complessivamente ci siamo fermati attorno a un dieci per cento di perdite».
E la neve che non c’è?
«Al momento l’Appennino è povero di neve e quindi le nostre scorte di acqua, che erano già limitate, saranno ancora di meno. Speriamo in gennaio e febbraio, ma è già abbastanza tardi. Come regione non siamo messi malissimo a livello di acqua, ma ci sono alcune zone più carenti, come il territorio del Fanese, in provincia di Pesaro, poi altre zone del Pesarese e Marotta. Anche la Valdaso, tra Fermano e Ascolano, ha avuto dei problemi. Ogni anno si cerca di immagazzinare la maggiore quantità possibile di acqua, ma ce n’è sempre meno».
Quanto preoccupa il caldo anomalo e quali effetti può avere sulla produzione agricola?
«Siamo tutti in allarme per l’agricoltura, sul fronte della viticoltura, ma anche su quello dell’olive e della frutta, siamo messi male. Gli agricoltori ci segnalano che le piante si stanno muovendo, mettono già le gemme, ciò significa che se tra qualche mese arriverà il freddo, le congelerà, e allora la situazione rischierà di diventare davvero drammatica. È tutto da vedere, dipende molto da come si comporterà il clima. Cerchiamo di fare il possibile, ma è complicato».
Le Marche stanno soffrendo le conseguenze del clima pazzo?
«Non particolarmente, specie se guardiamo alle altre regioni. Noi siamo andati in crisi ad agosto, in Emilia-Romagna, ad esempio, già molto tempo prima. Nonostante la siccità e le grandinate che hanno massacrato il Maceratese, il Fermano e l’Ascolano, si può dire che le Marche hanno resistito abbastanza bene».
Come si affronta il problema della carenza di acqua per l’irrigazione?
«Come Cia, abbiamo fatto richiesta, sia in passato alla vecchia giunta regionale che di recente alla nuova giunta, di realizzare dei piccoli invasi così che ciascun agricoltore abbia il suo e attinga il meno possibile dalle grandi linee idriche. Ci siamo mossi anche per gli allevamenti. Dato che a causa del terremoto parecchie fonti d’acqua si sono chiuse, abbiamo cavalcato l’emergenza e chiesto anche alle nuova giunta regionale, che ha stanziato fondi per circa 900mila euro (Piano sviluppo rurale) per realizzare mini invasi in tutte le Marche. Era già partito il bando nel 2022 e gli interventi saranno rifinanziati nel 2023».
Come si procede?
«Devono farne richiesta i Comuni. Basta però che non si metta di traverso la burocrazia ancora una volta. Per creare i mini invasi, infatti, basta chiedere il permesso, ma a volte capita che ci siano degli intoppi. Hanno detto che volevano alleggerire l’iter burocratico, speriamo che sarà davvero così. Fondamentale per l’acqua è anche la pulizia degli argini dei fiumi, che viene svolta, ma a volte interviene qualche lega ambientalista, magari per qualche specie che non si può toccare, e allora gli interventi si fermano. La situazione è molto complicata».