«Post alluvione, bene le misure. Ma c’è troppa burocrazia»
DAVIDE Servadei, presidente di Confartigianato Emilia-Romagna, qual è lo stato di salute delle aziende artigiane emiliano-romagnole, in particolare dopo l’alluvione?
«Nonostante la forte instabilità internazionale, l’economia mostra dei trend positivi. Se guardiamo alla Romagna e ai territori colpiti dalle alluvioni e dalle frane di maggio dell’anno scorso, posso dire che le imprese danneggiate che avevano risorse proprie per la ripresa, oggi godono di questa positività dell’economia. Discorso diverso, invece, per le imprese più deboli, che hanno avuto difficoltà di accesso al credito e che ancora oggi sono in sofferenza. È chiaro che il ritardo nell’erogazione dei ristori sta incidendo negativamente».
Ritiene sufficienti le misure messe in campo da governo e Regione per la ripresa?
«Le misure saranno sufficienti nel momento in cui saranno disponibili. Certamente siamo soddisfatti delle misure adottate, non altrettanto dei meccanismi, che sono ancora piuttosto lenti e farraginosi. Se le risorse distribuite sono di circa 90 milioni di euro e si parla di una disponibilità di 4,5 miliardi, è chiaro che qualcosa deve migliorare. Capisco che ci sono dei problemi reali. Ad esempio, stimare danni per un’impresa meccanica che ha visto i macchinari finire sott’acqua è certamente più facile rispetto a una realtà che opera a livello di beni culturali. In questo caso, la stima del danno è molto più complessa».
C’è un problema legato alla difficoltà di reperire profili professionali idonei da parte delle imprese? E come risolverlo?
«Innanzitutto bisogna migliorare il rapporto tra il mondo della scuola e quello del lavoro, a cominciare dalla formazione e dalla qualificazione del personale con una riforma del sistema di orientamento scolastico che rilanci gli istituti professionali e gli istituti tecnici, che investa sulle competenze a cominciare da quelle digitali e green e punti sull’alternanza tra scuola e lavoro e sull’apprendistato duale e professionalizzante. Nel breve periodo, invece, crediamo che occorra favorire la formazione all’interno delle aziende, abbattendo il costo del lavoro per i neoassunti. Ciò non significa pagare meno i lavoratori, ma ridurre le imposte sugli stipendi, almeno per il periodo della formazione».
Qual è l’impatto della fine delle agevolazioni previste dal Superbonus 110% per le imprese del comparto edile e dell’indotto?
«Il Superbonus 110% ha messo in moto un volano altamente positivo, non esente però da distorsioni. C’è stata una bolla speculativa che ha permesso a molti di guadagnare, ma che ha visto anche un caro prezzi e un’irreperibilità delle materie e dei servizi spesso ingiustificati. Ora il governo ha bruscamente interrotto questo meccanismo. L’augurio è che si possa tornare presto alla normalità, anche se questo rischia di creare non pochi problemi per molte realtà, soprattutto quelle meno solide. Come Confartigianato Emilia-Romagna, abbiamo chiesto una proroga in particolare per quelle realtà pesantemente colpite dall’alluvione, costrette a interrompere i lavori che stavano già portando avanti, mancando così il rispetto dei tempi di conclusione dei cantieri».
La sfida della sostenibilità: il Green Deal europeo può essere un’opportunità per le imprese, ma rischia di diventare un boomerang, specie se non sostenuto con politiche adeguate di incentivi e sostegni da parte del governo.
«Gli artigiani e le Mpi sono già impegnati in azioni per ridurre l’impatto ambientale delle attività, ma anche a operare in modo etico e responsabile verso le comunità di appartenenza e nel rispetto del territorio. Ma non tutte le misure intraprese dall’Unione europea ci trovano concordi. Un esempio è quello dell’automotive. Per noi è importante che il trend futuro sia caratterizzato da una mobilità ‘mista’, legata strettamente all’uso che si fa del veicolo, senza privilegiare fette di mercato a discapito di altre. In generale, c’è molto da fare sul piano delle politiche pubbliche, sugli investimenti pubblici per la lotta al cambiamento climatico, per eliminare quella burocrazia che spesso rallenta i processi virtuosi e ostacola l’attivazione di nuovi strumenti, come le comunità energetiche».
Energia e trasporti: guerra in Ucraina, crisi israelo-palestinese, tensioni nel mar Rosso. Qual è l’impatto delle tensioni internazionali sulle piccole e medie imprese?
«Questo nuovo fronte di guerra in Medio Oriente rischia di catapultarci in un film già visto con il conflitto tra Russia e Ucraina: carenza di materie prime e aumento dei prezzi, che oggi paghiamo con un alto tasso di inflazione. Le tensioni sul mar Rosso certamente avranno riflessi sui prezzi delle materie e sui ritardi di arrivo delle stesse. Se prima il porto di Ravenna era il riferimento diretto della rotta che passava dal mar Rosso, oggi non lo è più. I prezzi non potranno che aumentare, se cambieranno le rotte. Allo stesso tempo, ciò peserà sulle esportazioni dei nostri prodotti, rendendoci meno competitivi a livello internazionale».