Ungulati e scarsità di acqua. Come cambia il mercato tra innovazione e tradizione

«Una fase difficile per l’agricoltura toscana. Nel 2021 due eventi climatici hanno messo a dura prova la produzione. Ma tante sono le problematiche del settore: dagli ungulati alla carenza di acqua, dalla mancanza di redditività per le aziende agricole alla competitività sui mercati. Ne parliamo con Luca Brunelli, presidente di Cia Toscana.
Com’è andata l’annata agraria 2021?
«Due eventi climatici hanno avuto un forte impatto sui risultati economici, che non sono stati molto positivi. La gelata primaverile ha compromesso nella regione moltissime produzioni: viticoltura, ortofrutta e olivicoltura. Poi si è aggiunta la siccità, che oggi purtroppo non ha niente di straordinario, ma è stata pesantissima, con le produzioni che hanno subìto diminuzioni importanti dal punto di vista quantitativo».
Da tempo dite che la priorità per l’agricoltura è l’irrigazione….
«Senza acqua tra 50 anni non ci sarà più l’agricoltura in Toscana e ci vorranno 40 anni per rendere la regione irrigua. Bisogna partire subito. Siamo di fronte ad un cambiamento climatico e l’acqua protegge non solo dalla siccità, ma anche dalle gelate primaverili. Un dato su tutti: appena il 9 per cento della superficie coltivata è irrigata, ed in anni come il 2021, la siccità ha colpito negativamente anche colture di qualità come vite ed olivo. È stato annunciato un Fondo di rotazione per progetti dedicati all’irrigazione, con un plafond di 4 milioni di euro, di cui il 30% destinato ai Consorzi di bonifica ed il restante 70% ai comuni per le progettualità. Ma quello che manca più in generale è una strategia di programmazione. Serve un progetto agricolo e sociale che investa tutta la regione, oltre ovviamente ad uno più ampio nazionale, perché altrimenti il nostro sistema produttivo resta poco competitivo».
Mancano risorse in agricoltura?
«Sulla Pac c’è stato un taglio, quindi meno risorse agli agricoltori e meno prospettive. In generale, il nostro sistema economico non è competitivo. Manca la redditività delle aziende agricole, alle quali viene chiesto sempre di più dalle normative. Troppe sono le agricolture ai limiti della povertà. Oggi è l’orgoglio che ci fa andare avanti e non ci sarà ricambio generazionale se non si garantisce all’agricoltura un reddito».
L’export?
Le esportazioni stanno andando piuttosto bene, ma potremmo fare decisamente meglio. Un esempio: l’Italia produce 10 milioni di ettolitri di vino in più della Francia, ha un export più alto della Francia, ma il nostro fatturato è meno della metà di quello francese. Di nuovo: manca una programmazione, un progetto, a livello toscano e nazionale».
Quali sono i settori agricoli più in difficoltà?
«Il cerealicolo, per esempio: il 2021 è stato l’anno in cui il prezzo del grano è stato il più alto nella storia, eppure all’agricoltore è venuto in tasca qualche euro. Nell’ortofrutta manca una strategia di programmazione e abbiamo perso un patrimonio enorme sopratutto nell’allevamento ovicaprino, circa un terzo».
Come mai?
«Perché il fattore che ha 2–300 pecore non riesce più a vivere. Con le aggressioni dei selvatici, con gli ungulati ovunque che mangiano i sementi, con i prezzi del latte e della carne che non sono remunerativi, come fa ad andare avanti?»
Cosa si aspetta dal 2022?
«Mi auguro che sia davvero l’anno zero, in cui si parta finalmente con un progetto agricolo sociale toscano».