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«La pandemia ha fatto emergere il valore strategico del cibo. Siamo simbolo di qualità e sicurezza»

Il presidente di Coldiretti Fabrizio Filippi evidenzia l’importanza dell’agroalimentare anche per l’export. Una risorsa da non disperdere
di Lisa Ciardi
Fabrizio Filippi, presidente di Coldiretti Toscana

A far il punto sul 2021 e sull’anno appena iniziato, il presidente di Coldiretti Toscana, Fabrizio Filippi.

Che anno è stato per l’agricoltura toscana?
«Un anno complicato, che ha però anche permesso di esaltare la capacità di reazione della filiera agricola toscana e del sistema agroalimentare di qualità trainato dalle produzioni certificate Dop e Igp e dai consorzi di tutela. Nessun settore ha fatto meglio. Il dato sull’export è esplicativo: se sarà confermato il trend del terzo trimestre, nel 2021 potremo abbattere per la prima volta il muro dei 3 miliardi di euro».

Quali le difficoltà e quali i punti di forza?
«La pandemia ha condizionato la stagione turistica per tre quarti dell’anno. Unica eccezione il periodo estivo che ha permesso alle 5mila strutture agrituristiche e al sistema dell’accoglienza rurale e della ristorazione a filiera corta di recuperare terreno. Le prenotazioni stavano andando bene anche per il fine anno ma poi è arrivato Omicron. Inoltre i cambiamenti climatici hanno condizionato alcuni settori come il cerealicolo, olivicolo e vitivinicolo. Il punto di forza invece è la componente umana: i nostri agricoltori sono il valore aggiunto».

Quali settori o aziende hanno retto meglio?
«Le imprese che fanno sistema e che lavorano in rete hanno dimostrato maggiore reattività così come quelle con propensione all’export. I Consorzi di tutela sono stati attori fondamentali di crescita, sviluppo e marketing. Il turismo è il settore che ha sofferto di più. La vendita diretta, con gli acquisti nei mercati di Campagna Amica presenti ormai in oltre 40 città, o in azienda, è invece il canale di commercializzazione di prossimità più in crescita».

Per il 2022 cosa vi aspettate?
«I primi effetti della legge contro le pratiche sleali da noi fortemente voluta. Le imprese sono l’anello più debole della filiera agroalimentare, eppure sono il più importante. Su quindici centesimi solo uno va agli agricoltori. Servono contratti di filiera e un patto di responsabilità tra produttori, media e grande distribuzione per riconoscere ad agricoltori e allevatori quanto giusto. Quanto è? Non può essere inferiore ai costi di produzione…».

Che consigli dareste alle aziende per l’anno appena iniziato?
«Il modello toscano è quello a cui l’Europa aspira. Lo ha detto anche il commissario straordinario per l’agricoltura nella sua visita recente. L’agricoltura deve continuare a preservare la sua identità, legata al territorio, a tradizioni, filiere e piccole produzioni, cercando di accogliere la sfida dell’innovazione e della sostenibilità con una nuova consapevolezza».

Cosa chiedete alle istituzioni?
«Semplificazione e coraggio nel premiare le aziende che hanno dimostrato di saper competere sul mercato, che fanno qualità e cercano soluzioni innovative, sostenibili, etiche.
Il nuovo Piano di Sviluppo Rurale mette sul piatto oltre trecento milioni di euro in cinque anni: soldi che devono essere spesi bene e con una chiara visione del futuro. Vigileremo perché ciò accada».