«Marchesini, innovarsi per crescere. E il futuro è digitale»

Marchesini Group è tra le aziende leader mondiali nella progettazione e costruzione di macchine e linee personalizzate per il confezionamento di prodotti farmaceutici e cosmetici. Nata a Pianoro da un’idea di Massimo Marchesini, che nel 1974 costruì in un garage la prima astucciatrice, grazie a fusioni e acquisizioni con aziende complementari del settore, Marchesini Group si è trasformata negli anni da una realtà locale a una multinazionale, oggi in grado di realizzare tecnologie per il confezionamento di tutti i principali prodotti per l’industria del Pharma e del Beauty.
È Pietro Cassani, amministratore delegato di Marchesini Group, a illustrarci le principali tappe dei primi (quasi) cinquant’anni di storia dell’azienda.
Cassani, com’è nata quella che oggi è un’azienda con duemila dipendenti e 490 milioni di euro di fatturato?
«L’evoluzione di Marchesini Group è iniziata nel lontano 1974 con la produzione di macchine per mettere in astuccio i farmaci e si è poi concretizzata sia attraverso una crescita interna che con acquisizioni esterne. Così, oltre alle classiche astucciatrici, abbiamo iniziato a realizzare contatrici di pillole, macchine per confezionare i blister farmaceutici ed etichettatrici. Lo step successivo è stato di unire queste e altre macchine per comporre linee complete di produzione, ad esempio quelle che hanno confezionato i vaccini anti Covid».
Quali altre scelte strategiche avete fatto in questo mezzo secolo?
«Abbiamo deciso di produrre internamente tutta la componentistica delle macchine. L’indotto bolognese è stato fondamentale: se non ci fosse la nostra rete di subfornitura, non riusciremmo a muoverci in modo così flessibile lungo la catena produttiva. Un’altra tappa importante è stata quella di investire sul mondo del software per potenziare le fasi di ispezione e valutazione, quindi migliorare il controllo della qualità del prodotto. Poi c’è la robotica montata sulle linee: oggi è uno standard ma vent’anni fa, quando capimmo che un braccio robotico poteva movimentare meglio un prodotto di un gruppo meccanico tradizionale, è stata una vera sfida. I robot ci hanno permesso di progettare macchine decisamente versatili, una delle cose che i competitor stranieri ci invidiano».
Innovazione significa quindi crescita?
«L’innovazione è una modalità di lavoro. Quando un’impresa sceglie di essere innovativa, deve esserlo sempre, a prescindere dalle richieste del cliente. Noi lavoriamo con aziende farmaceutiche che devono rispettare una serie di regole rigide ed essere sempre all’avanguardia. Quando riusciamo ad anticipare la richiesta del mercato in termini di innovazione, il che per fortuna ci riesce bene, realizziamo un grande valore aggiunto per il cliente. È per questo che ci consideriamo un’azienda fuori dall’ordinario. Per poter ragionare in questo modo si deve però creare una cultura della creatività che sia in grado di fare accendere le famose lampadine in ogni compagine aziendale, dallo studio dei processi, ai prodotti, al mondo commerciale. Non sempre è una cosa facile. Però sappiamo che chi investe sull’innovazione può permettersi di ammirare nuovi orizzonti che sono preclusi a coloro che lavorano solo sulla riduzione dei costi».
A che punto siete con la digitalizzazione?
«La digitalizzazione interna è un percorso in atto da anni. Anche in questo caso stiamo agendo tramite evoluzioni interne e acquisizione esterne, come quella di Sea Vision, una delle principali aziende italiane specializzate nella visione e nel controllo dei processi di confezionamento, che da pochi mesi è interamente parte di Marchesini Group. Nel nostro quartier generale di Pianoro stiamo lavorando a una serie di innovazioni, già in parte operative, come le piattaforme di learning per il cliente, che ovvieranno alla potenziale perdita di competenze dovuta al turnover aziendale, che per fortuna da noi è basso. Il cuore della digitalizzazione è ovviamente l’intelligenza artificiale. Oggi ricorriamo agli algoritmi dell’AI per la manutenzione predittiva; nel futuro, che però è già iniziato, la stessa AI sarà utilizzata per migliorare i sistemi di visione e ispezione utilizzati durante i cicli di confezionamento dei prodotti farmaceutici e per rendere più intelligente la robotica necessaria a movimentare i prodotti sulle linee. Sea Vision, ad esempio, ha messo a punto un software in presentazione alla fiera Cosmopack che permette di individuare anche la più piccola imperfezione sul corpo dei rossetti, un prodotto di bellezza all’apparenza di facile realizzazione, ma che richiede invece macchinari molto sofisticati per la creazione».
La crescita dell’azienda è stata resa possibile grazie alla valorizzazione del capitale umano?
«Le risorse umane sono l’architrave sul quale poggia l’azienda e sono il presente e il futuro. Siamo alla costante ricerca di figure giovani e competenti, anche se spesso abbiamo carenza di tecnici e ingegneri. Allo stesso tempo, però, proviamo a tenerci strette le persone con esperienza, anche se questo significa rimodulare alcune logiche interne per adeguarle ai veloci cambi di paradigma del mercato del lavoro. Le cose cambiano, è così da sempre, soltanto che oggi lo fanno a un ritmo maggiore rispetto al passato. Una cosa però resta: la constatazione che le innovazioni le fanno gli uomini, quando sono motivati a farle».