Tradizione artigiana e sostenibilità: così cresce una realtà vincente. Benvenuti: «Abbiamo puntato sull’innovazione»
Quella bottega nel centro storico è stata la mamma di tutte le attuali aziende orafe di Arezzo. Ha il numero 1 nel nome, la Unoaerre, fondata il 15 marzo 1926 da Carlo Zucchi, artigiano e da Leopoldo Gori, rappresentante. Il 2 aprile 1934 viene attribuita alla società la numerazione obbligatoria da imprimere sui prodotti e la 1AR. Una sigla, che per esteso, diverrà a tutti gli effetti il marchio della società.
I due fondatori ebbero l’idea di portare i metodi di produzione industriali nel settore orafo, permettendo una riduzione del costo della manifattura sul prodotto finito. Dal centro di Arezzo il passaggio in via Fiorentina, dal 2011 il cuore dell’azienda è a San Zeno, a due passi dalla città. Nel 2012 la società, che ha preso il nome di Unoaerre Industries, viene ceduta alla famiglia Squarcialupi.
L’amministratore delegato di Unoaerre è Luca Benvenuti.
Benvenuti, come si affaccia al 2022 il colosso del settore orafo aretino?
«Con gli ottimi risultati del 2021: abbiamo raggiunto un fatturato di 245 milioni, cresciuto di circa il 30% rispetto al 2019. Un risultato che esalta le prestazioni del gioiello, nonostante nello stesso periodo il metallo prezioso sia sceso del 6%».
Qual è il segreto per fare questi numeri?
«Combiniamo processi industriali, tradizione artigiana e attenzione alla sostenibilità: mi piace ricordare che Unoaerre realizza gioielli creati con metalli provenienti da una filiera controllata e con lavorazioni uniche».
L’ambiente è dunque una priorità anche del settore orafo?
«Nei nostri processi abbiamo tutte le certificazioni, come le materie prime tracciate, l’approvvigionamento responsabile e i processi produttivi nel pieno rispetto dell’ambiente. Li considero i veri punti di forza dell’azienda».
La pandemia non ha inciso sui vostri conti. Come è possibile?
«Il tessuto economico italiano ha una fortissima connotazione manifatturiera, sta reagendo con grande maturità ed è sostanzialmente solido. Noi abbiamo puntato sul rinnovamento della distribuzione nel mercato italiano e internazionale. Negli Stati Uniti abbiamo fatto segnare una performance di alto livello. Bene anche il mercato in Europa».
Come si coniuga l’innovazione in un settore che affonda le radici nella tradizione come quella dell’oro?
«Lo facciamo investendo sul design e sulla tecnologia. Da una parte con uno stile raffinato e gioielli versatili da sfoggiare nel quotidiano. Dall’altra siamo tra i maggiori player europei e abbiamo ottimizzato i nostri processi industriali con grandi volumi di gioielleria. Forme più lineari e più precise consentono di rispondere alle esigenze del mercato con prodotti più leggeri».
Avete puntato anche sull’online con una piattaforma ecommerce. Come sta andando?
«Abbiamo varato l’operazione sul web poco prima dell’inizio della pandemia, è presto per dare un giudizio anche se i risultati migliori restano quelli della rete tradizionale con varie partnership internazionali».
Una volta si diceva che il 75% delle fedi italiane fosse griffato Unoaerre. Siete ancora oggi l’azienda del fatidico sì?
«Le cifre attuali non si discostano molto da quelle percentuali, siamo di certo leader in Italia»