Paolo Carra, vicepresidente di Coldiretti Lombardia

Latte formaggi e vini lombardi crescono dell’11% sui mercati. Finché c’è export c’è speranza

In questo momento vedo il settore agroalimentare in maniera ottimista: è un sistema che cresce e che continua a dare lavoro. L’occupazione può ancora crescere e finché ci saranno latte, formaggi e vini sugli scaffali esteri è un segnale positivo». Il messaggio di Paolo Carra, vicepresidente di Coldiretti Lombardia e presidente di Coldiretti Mantova, è quello di guardare al futuro del settore agroalimentare lombardo con un certo ottimismo: l’export nei primi nove mesi del 2021 è infatti cresciuto dell’11% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Carra è da anni produttore di latte e formaggi ed è stato da poco riconfermato presidente del Consorzio Virgilio, composto da ben 40 caseifici associati e più di 1000 soci allevatori conferenti, l’unico in Italia a riunire sia conferitori di Grana Padano Dop sia quelli di Parmigiano Reggiano Dop e che nel 2021 si è aggiudicato ben quattro medaglie all’International Cheese Festival di Oviedo.

Come si è chiuso il 2021? Come sono andate le esportazioni? In quali settori ci sono state più criticità?
L’anno non si è chiuso negativamente, anzi: le esportazioni sono aumentate, seppur i costi di produzione sono molto elevati. Questo è un problema abbastanza diffuso a tutti i settori dell’agroalimentare: soprattutto negli ambiti allevatoriali, nella produzione del latte alimentare, in quella vinicola e della carne i costi produttivi hanno avuto un impatto importante sulle aziende. Il settore che sta soffrendo di più per l’aumento dei costi energetici della produzione è quello florovivaistico.

Quali sono le previsioni del 2022 per la Lombardia?
Certo, il 2022 si apre con molte incognite, ma l’export sta sperimentando una tendenza positiva: da tempo i nostri prodotti sono sugli scaffali dei consumatori ed è un mercato consolidato. Ora che abbiamo trovato un equilibrio con gli Stati Uniti (+4,3% nei primi nove mesi del 2021) servirà anche trovarne uno con il Regno Unito, che ancora sconta la Brexit. Certo bisognerà dare molta attenzione anche all’aumento dei costi di produzione.

Lei è stato da poco riconfermato presidente del Consorzio Virgilio, ed è lei stesso produttore di latte. Come è andato il 2021? Quali sono le criticità del settore?
Anche nel settore lattiero-caseario il 2021 è stato un anno abbastanza positivo, anche se abbiamo affrontato un aumento dei costi di produzione. Oggi l’incidenza del costo su ogni litro di latte è più che raddoppiata: il costo energetico passa da 0,80 centesimi al litro a quasi 2 centesimi. Sicuramente il Covid ha avuto un certo impatto, ma ancora di più la carenza delle materie prime e la difficoltà nell’approvvigionamento di certi materiali, come le plastiche, che è sempre più dilatato nel tempo.

Nel Pnrr e nella nuova legge di bilancio è stato lasciato abbastanza spazio nel settore agroalimentare?
Nella legge di bilancio c’è sicuramente un’attenzione verso l’agroalimentare, ma su alcuni capitoli si poteva fare di più. Se l’agroalimentare deve diventare il settore trainante bisogna coglierne le trasformazioni. Di sicuro è stata data una disponibilità importante del Pnrr, ma non è del tutto chiarissimo come verranno spesi questi fondi in un settore come quello agroalimentare che vuole impegnarsi a fondo nella transizione ecologica. Deve esserci un interesse da parte della politica per l’approvvigionamento delle risorse. È vero che siamo in tempo di pandemia, e la salute pubblica deve venire sopra di tutto. Però l’agroalimentare rimane un settore su cui bisogna scommettere.

Quali sono le disposizioni che sono state prese contro la diffusione della peste suina dato che in Lombardia si trova il 53% dei suini allevati in Italia?
La diffusione della malattia ha detestato molta preoccupazione, prima era lontana dal nostro Paese. Ora è importante che i focolai vengano contenuti nelle zone dove si sono scoperti i casi e che non si diffondano. Se ci fossero casi in Lombardia, prima regione del Paese per i maiali allevati, sarebbe molto difficile continuare a mantenere un equilibrio. Ora che si sono trovati casi nelle aree meno produttive, lì si stanno limitando le esportazioni del paese. La Cina, invece, ha deciso di chiudere in via precauzionale l’acquisto di carne suina dall’Italia. La questione dovrebbe essere regolata con trattati internazionali. Vedere i Paesi chiudere in via precauzionale, seppur comprensibile, è dannoso per l’Italia.