Famiglie, la formazione professionale è una scelta di serie A

Carlo Sangalli, classe ’37, navigatore di lungo corso tra i marosi della politica e dell’economia italiana, ne ha viste tante. Ora le onde alte, contro le quali i sogni delle imprese rischiano di infrangersi, si chiamano inflazione, rialzo dei tassi, caro bollette e carburante. Sangalli tiene il timone al centro in attesa che passi, come si spera, la bufera.

Presidente, lei ha definito di recente la legge di bilancio come «un impianto prudente e difensivo. Prudente nel ricorso al disavanzo, difensivo nella scelta di contrastare i margini di manovra sul contrasto al caro energia». Si poteva fare di più?

«È una legge di bilancio improntata alla cautela ed è una scelta comprensibile date le limitate risorse e le emergenze caro energia e inflazione. Tuttavia è necessario uno sforzo supplementare sia sul fronte energetico che su quello fiscale. Ampliando, ad esempio, la platea delle imprese che utilizzano i crediti di imposta energetici. E riducendo il cuneo fiscale e contributivo sul costo del lavoro».

Cosa ne pensa della polemica sulle speculazioni sul caro carburante? Un fenomeno reale o accuse pretestuose? Si poteva fare di più su questo fronte per aiutare le imprese e i consumatori che si ritrovano continuamente i listini dei prezzi rialzati?

«È stato chiarito che l’aumento dei prezzi dei carburanti all’inizio di quest’anno è inferiore al rialzo delle accise. Un dato che emerge dalle stesse rilevazioni ministeriali. La speculazione è dunque da escludere. Il nodo centrale resta il riordino della fiscalità energetica anche nella prospettiva di un progressivo contenimento del consumo dei carburanti grazie ai motori alternativi come quelli elettrici».

Come vede questo 2023 appena cominciato? Ci sono margini per evitare la recessione?

«Molto dipenderà dagli sviluppi della guerra in Ucraina. La recente diminuzione del prezzo del gas è una notizia incoraggiante ma l’inflazione, pur rallentando, resta sempre alta mentre i consumi si riducono. Secondo il nostro ufficio studi, il 2023 sarà un anno di transizione con un Pil in crescita solo dello 0,2 per cento. Tuttavia l’aumento delle esportazioni, la ripresa del turismo ai livelli del 2019 e la tenuta della fiducia di famiglie e imprese potrebbero rafforzare la crescita della nostra economia».

La Lombardia tiene dal punto di vista economico e sociale, mostra una vitalità nettamente superiore rispetto al resto d’Italia. Durerà? Si rischia un distacco sempre maggiore fra la locomotiva d’Italia e il resto delle regioni?

«La forza economica della nostra regione è trainante a livello nazionale ed europeo. Parliamo di un Pil vicino ai 400 miliardi di euro, tra i più alti dell’Unione Europea. La distanza con le altre regioni italiane, soprattutto quelle meridionali, è di antica data ma è anche vero che il miglioramento delle infrastrutture e di alcune scelte di politica economica – come quella di puntare maggiormente sul settore turistico – hanno iniziato a ridurre questo gap che frena da sempre lo sviluppo diffuso del nostro Paese».

La Cina è ancora pienamente all’interno dell’incubo Covid nonostante le rigidissime restrizioni sociali degli ultimi tre anni. Anche l’economia del gigante orientale rallenta. Questo secondo lei spingerà sempre più imprese italiane, e più in generale europee, a un rientro più o meno cauto delle produzioni in Italia e comunque nell’ambito Ue o il processo delle delocalizzazioni è ormai senza ritorno?

«In Cina la riduzione del Pil a quota 3 per cento insieme al calo demografico dopo sessant’anni evidenziano le difficoltà dovute soprattutto alla pandemia e al rallentamento dell’economia mondiale. Difficile, tuttavia, immaginare un rientro rilevante delle produzioni in Italia. Il cosiddetto fenomeno del “reshoring“ è frenato da diversi fattori tra i quali costo del lavoro, trasporti, logistica, fiscalità e burocrazia che, con diverse gradualità, da sempre rappresentano le criticità del nostro sistema Paese.»

Si parla da mesi di calo demografico inarrestabile, in prospettiva ci ritroveremo una società, dalla Lombardia in giù, sempre più anziana con più pensionati che lavoratori. Si sta facendo abbastanza per arginare questa spirale che mette a rischio la tenuta sociale?

«Il calo demografico è uno dei problemi più gravi con cui si confronta non solo l’Italia ma tutto il mondo occidentale. I rischi sono noti, le soluzioni portate avanti meno. Tant’è che il trend non è affatto migliorato. Il governo Meloni ha istituito un dicastero dedicato a Famiglia, Natalità e Pari opportunità, dunque un passaggio importante che, speriamo, porti a risultati concreti. Mi preme però sottolineare che le parti sociali sono impegnate anche su questo fronte. I nostri enti bilaterali di Milano, ad esempio, composti da sindacati di categoria e Confcommercio, nel 2022 hanno erogato ai lavoratori contributi per circa due milioni per favorire la natalità e i genitori con figli in età scolare da 11 a 19 anni».

Il tema generazionale è anche nelle imprese. Tanti piccoli imprenditori – dai panificatori ai bottegai d’eccellenza – chiudono perché non trovano eredi, soprattutto nelle piccole botteghe che vivono il mestiere come qualcosa da tramandare anche se adesso la catena generazionale sembra interrotta. Avete progetti per spingere gli eredi a proseguire nell’attività di famiglia? Cosa può fare la scuola su questo fronte visto che si parla spesso della “calamita“ dei licei e dei professionali che vengono ritenuti a torto istituti di serie B?

«Il passaggio generazionale è sempre stato un tema difficile, soprattutto per le Pmi ma oggi è particolarmente complesso. Occorre partire dalla scuola riconoscendo che la formazione professionale nel 2023 può essere considerata a tutti gli effetti una “prima scelta“ in grado di offrire ai giovani moltissime opportunità lavorative. Come Confcommercio, ad esempio, abbiamo l’importante esperienza del Capac Politecnico del Commercio e del Turismo. Oggi molte scuole lavorano con successo sulle competenze tecniche, professionali e operative, sulle soft skills ma anche su un approccio innovativo, quindi sulle competenze digitali, su cui il processo di apprendimento va focalizzato. Abbiamo poi chiesto che i bandi regionali dedicati alle attività storiche prevedessero risorse a sostegno del ricambio generazionale e della trasmissione d’impresa. Nelle prime due edizioni del bando Imprese storiche verso il futuro (2020 e 2022), tra gli altri progetti, sono stati previsti cofinanziamenti specificatamente per i giovani che intendono rilevare le attività storiche e di tradizione».

Tema immigrazione. Il calo demografico e la difficoltà di trovare lavoratori da parte di tante imprese al Nord si argina anche così?

«Non c’è dubbio che i flussi di immigrati siano fondamentali per la tenuta della nostra economia e della nostra società. Aggiungo che le imprese sono una via di integrazione straordinaria dove gli stranieri hanno l’opportunità di imparare la nostra lingua, di formarsi, di apprendere un mestiere e di conoscere le nostre leggi e la nostra cultura. E nello stesso tempo gli immigrati possono essere portatori di nuova conoscenza e di nuove esperienze. Naturalmente ciò non toglie che il fenomeno dell’immigrazione debba essere governato evitando sfruttamento, illegalità e sovrannumero. Mentre vanno rafforzate decisamente le politiche per favorire la natalità, la permanenza dei nostri giovani nelle università e nei posti di lavoro e il ritorno in Italia di quelli andati all’estero».