Pietro Ferrari, presidente di Confindustria Emilia Romagna

«Il caro-energia rischia di minare la ripresa»

Pietro Ferrari, presidente di Confindustria Emilia Romagna, con quali auspici guarda al 2022? La ripresa è minata da Omicron e dall’aumento dei contagi?
«In queste settimane le prospettive di crescita si stanno ridimensionando. La ripresa avviata l’anno scorso è frenata da fattori di rischio che impatteranno in modo molto negativo. La preoccupazione più grande, oltre al rincaro delle materie prime, è legata ai costi energetici, specie del gas, che stanno mettendo in seria difficoltà tutta l’industria. Poi c’è l’inflazione che cresce ovunque, anche se per ora in Italia è più bassa rispetto all’Eurozona e agli Usa ed è spinta solo dai prezzi dell’energia. E ovviamente la pandemia, che ha ripreso a correre e ferma i consumi delle famiglie: la speranza è che in breve tempo il virus diventi endemico e si torni ad una situazione accettabile».

Come è stato il 2021?
«È stato un anno positivo, per l’Emilia-Romagna dovrebbe chiudersi con un incremento del Pil del 6,5%. Siamo cresciuti di più rispetto al Paese e anche ad altre regioni manifatturiere italiane ed europee. Le nostre imprese e le filiere hanno continuato ad investire e innovare e le esportazioni sono cresciute in modo sostenuto. Anche l’occupazione ha dato segnali di ripresa che dovrebbero consolidarsi quest’anno. Il vero problema è che le nostre imprese hanno difficoltà a trovare tante professionalità a vari livelli».

L’obbligo vaccinale per gli over 50 rischia di creare problemi alle imprese, che potrebbero ritrovarsi senza alcuni lavoratori?
«In autunno con l’introduzione del Green Pass le imprese si sono ben organizzate. Il numero dei lavoratori non vaccinati è limitato, ma resta il fatto che in alcuni reparti di produzione non sarà facile sostituire, pur temporaneamente, i tecnici specializzati».

Il Covid ha anche aumentato il carico di burocrazia per le imprese?
«Dopo la pausa di fine anno abbiamo avuto difficoltà per le quarantene e i tempi lunghi necessari per avere certificazioni e tamponi per tornare a lavorare. Sono d’accordo con il presidente Bonaccini, dobbiamo evitare che la pandemia sanitaria si trasformi in pandemia burocratica. Mi pare che gli ultimi provvedimenti di semplificazione adottati dalla Regione vadano nella giusta direzione».

Tornando a guardare avanti, anche l’Emilia-Romagna beneficerà dei fondi del Pnrr. Come dovrà essere, secondo lei, la regione del futuro anche grazie agli interventi finanziati attraverso il piano?
«Gli obiettivi del Pnrr disegnano il Paese del prossimo futuro, che non possiamo che condividere: digitalizzazione della pubblica amministrazione e delle imprese, transizione ecologica, sviluppo delle competenze e ricerca e innovazione. C’è però un problema di metodo da non trascurare, che è la complementarietà con le altre programmazioni, specie i fondi regionali. Bisogna coordinare le misure tra i diversi livelli per evitare inefficienze, frammentazione e dispersione di risorse».

Capitolo infrastrutture: il Passante di Bologna si è sbloccato, è ora che si sblocchino anche Cispadana e bretella Campogalliano- Sassuolo?
«Certo, bisogna procedere rapidamente all’avvio delle opere strategiche a partire dalla bretella Campogalliano-Sassuolo e dalla Cispadana. Tra le opere prioritarie che hanno già completa copertura finanziaria ci sono il corridoio Ti-Bre, la E 45/E 55, il porto di Ravenna, la mediana Est/Ovest Piacenza, la terza e quarta corsia autostradale nella tratta A1-A13-A14».

Intanto il caro energia impatterà anche sulle aziende. Davvero si potrebbe arrivare al paradosso che qualcuno rinunci a nuovi ordini?
«La situazione è grave e rischia di travolgere la ripresa economica. I costi operativi delle imprese, specie quelle energivore ma non solo, sono già alle stelle e i margini si restringono sempre di più. I provvedimenti adottati sinora non sono sufficienti, è urgente intervenire con una efficace politica energetica perché in molti settori c’è il rischio concreto di perdere quote di mercato in modo irreversibile».

La formazione. Emilia-Romagna sempre all’avanguardia?
«Le politiche pubbliche hanno fatto bene e nella nostra regione la qualità dei percorsi formativi è alta, ma per superare il gap tra offerta e domanda di professionalità richieste dalle imprese bisogna investire ancora di più sulle competenze tecnico specialistiche, con particolare riferimento agli Its, sull’orientamento e sull’attrattività dei talenti, anche in collaborazione con altre regioni».