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La sfida futura sarà trovare spazi per produrre cibo di qualità

Bilanci in rosso, aziende che chiudono, rincari energetici, prezzi delle materie prime e dei concimi alle stelle, oltre al pericolo della fauna selvatica fuori controllo e alla prospettiva di una stagione estiva all’insegna della siccità. È la situazione allarmante in cui versa il settore primario italiano e in particolare quello lombardo, che rappresenta il 50% della produzione agroalimentare nazionale, descritta dal presidente di Confagricoltura Lombardia, Riccardo Crotti.

«Sono dell’idea che uno Stato forte, per essere considerato tale, debba avere un’agricoltura forte. Fino a poco tempo fa si pensava che il problema maggiore per il futuro fosse la ricerca di fonti energetiche alternative al petrolio, oggi siamo consapevoli che la principale difficoltà è la ricerca di spazi e territori per produrre cibo sano e di qualità», ragiona.

Anche lei è stato produttore nel settore lattiero-caseario. Oggi che aiuti chiedono le aziende?

«Sicuramente sono subentrato in un momento difficile, sia a causa della guerra in corso sia per la pandemia, con i conseguenti rincari di gas, energia elettrica e materie prime da importare. Il prezzo del mais era 17 euro al quintale, oggi è più che raddoppiato e ha raggiunto i 40 euro. L’anno scorso le province che hanno sofferto di più sono state Cremona e Lodi, con le produzioni tipiche di fieno da prato stabile e riso. Il fieno di quel tipo, non di grande qualità, ha scarseggiato e alcune stalle ne sono rimaste senza. Solo a Cremona abbiamo avuto perdite per 80 milioni di euro rispetto al 2020. Gli agricoltori chiedono di sostenere il prezzo del latte alla stalla: la media è stata di 0,38 centesimi nel 2021, oggi è ferma a 0,60 ma non sappiamo se riuscirà a compensare i costi…».

Quali sono gli interventi a sostegno del settore al momento?

«La politica agricola comune dell’Unione Europea sta strutturando diversamente il suo bilancio e ci sono meno fondi statali, in compenso sono aumentale le penalità per le aziende, le quali devono rispondere a tutta una serie di controlli. Il 4 agosto con il Decreto Aiuti Bis è stato dato il via libera al rifinanziamento da 200 milioni di euro del Fondo di solidarietà nazionale per compensare le imprese agricole danneggiate da eccezionali eventi atmosferici, legati a patologie delle piante o che colpiscono gli allevamenti, ma rischiamo di avere agricoltori che percepiranno 100 o 200 euro».

Che tipo di soluzioni state cercando in Regione?

«Ho proposto che i finanziamenti vengano diretti ai consorzi pubblici di bonifica, in modo tale che non ci siano speculazioni e le tariffe possano rimanere stabili. È necessario investire risorse per la biosicurezza: l’influenza aviaria ha causato milioni di danni e la peste suina africana, se dovesse espandersi in Lombardia, porterebbe danni senza precedenti. Senza contare che la fauna selvatica senza controllo provocherebbe un blocco delle esportazioni di prodotti Dop Made in italy, e in Lombardia quasi la metà dei manufatti sono dedicati all’export».

Quali sono le principali eccellenze lombarde?

«Al primo posto c’è il Grana Padano: il 35% della produzione va in Europa, il 15% nel resto del mondo e la Latteria Soresina, in provincia di Cremona, è il principale fornitore di forme di Grana Padano, con oltre mille al giorno. Al secondo posto c’è il Parmigiano Reggiano».

Il cibo sintetico può essere una scappatoia all’emergenza della carenza di cibo per la popolazione mondiale?

«Assolutamente no. Si tratta di alimenti prodotti in laboratorio e attualmente non sappiamo quali siano gli effetti a lungo termine sull’organismo umano. L’intenzione è quella di snellire la burocrazia aziendale e tagliare la tassazione agli extra profitti, se non tuteliamo il Made in italy perderemo la nostra principale entrata economica».