Roberto Borgiani, direttore Confesercenti Marche

«Acquisti online e pochi turisti: un anno difficile»

Le chiusure e tutti gli adeguamenti dettati dall’esigenza di contenere l’emergenza pandemica hanno condizionato le attività delle piccole e medie aziende del terziario nel corso del 2021. Per spiegare come gli imprenditori sono riusciti a far fronte a questa situazione Roberto Borgiani, direttore Confesercenti Marche, ci ha detto: «È stato un anno molto difficile per le piccole e medie imprese di commercio, turismo e servizi che, come Confesercenti, rappresentiamo. Le difficoltà principali sono state certamente quelle legate alla pandemia e alle limitazioni che quest’ultima ha comportato. Chiusure, adeguamenti logistici, dispositivi di sicurezza, distanziamenti: per molti operatori hanno significato spese in più a fronte di mancati ricavi, per un tempo che doveva essere limitato e che invece ancora oggi appare indefinito. L’emergenza, prima, e l’incertezza, poi, hanno inciso profondamente in questi ultimi due anni su un tessuto commerciale che già doveva rispondere a problemi endemici, che si sono ulteriormente acuiti. Nel 2021 la concorrenza dell’e-commerce, ad esempio, ai danni del commercio tradizionale, si è fatta ancora più sentire, così come va registrato l’azzeramento del turismo straniero oltre che il calo complessivo e la mancata ripresa del turismo italiano, davanti al quale, rispetto ai trend del 2019 c’è ancora un netto segno meno. Un bilancio negativo dimostrato anche dal fatto che le aziende che appartengono a questi settori – turismo, moda, piccolo commercio in generale – continuano a calare di un migliaio di unità ogni anno».

Quali settori hanno già riagganciato la ripresa e quali continuano a soffrire le conseguenze dell’emergenza sanitaria?
«Il commercio alimentare per fortuna non ha subito conseguenze a seguito della pandemia. Il settore della ristorazione e dei pubblici esercizi, invece, sarebbe stato nelle condizioni di ripartire, se non ci fosse stata la variante Omicron che a metà dicembre dello scorso anno ha, di fatto, nuovamente bloccato l’intero comparto. E dire che i ristoranti e i bar sono stati i primi ad adeguarsi alla messa in sicurezza di spazi e ambienti, spese delle quali in molti non sono ancora rientrati. La stessa valutazione si può fare per il settore del turismo che, dopo l’importante ripresa registrata la scorsa estate anche se soltanto legata al turismo italiano, sta registrando un nuovo flop».

Quali iniziative state attuando nel cratere del sisma a favore delle aziende del terziario?
«Confesercenti Marche partecipa ai tavoli per il rilancio delle attività nei territori colpiti dal sisma, sia per la gestione dei finanziamenti statali, coordinati dal commissario Legnini, che fin qui, va detto, ci sono stati. Approfitto per sottolineare come il commissario abbia lavorato bene, con pragmatismo e puntualità in una situazione difficile alla quale si è sommata l’emergenza Covid. Stiamo anche partecipando ai tavoli per la messa a terra delle risorse previste nel Programma Nazionale per la Ricerca (Pnr) e destinate ai territori colpiti».

L’impegno delle istituzioni (Regione e Camera di Commercio, ndr) sta diventando sempre più importante per attuare politiche di sviluppo del settore dell’artigianato?
«Registriamo favorevolmente sia gli interventi della Regione Marche, sia quelli della Camera di Commercio delle Marche a sostegno delle pmi, in particolare per la rete delle piccole imprese che operano nelle zone interne. Mi riferisco alle misure legate alle politiche di sostegno per i borghi storici e i piccoli borghi, che prevedono incentivi importanti anche per l’apertura di nuove attività. Ci sono settori per i quali, però, anche alla luce di ciò che è successo tra dicembre e gennaio, serve uno sforzo ulteriore da parte delle istituzioni: penso nuovamente al turismo per il quale chiediamo a Regione ed Ente Camerale interventi straordinari, da adottare rapidamente. Rischiamo che molte attività non riescano ad affrontare gli investimenti necessari per la stagione estiva. Questo non comporterebbe soltanto la crisi di un settore, ma, per l’economia regionale e nazionale la perdita di un indotto, di una fetta significativa di mercato e di una risorsa sulla quale, a ragione, il paese stava puntando per tornare competitivo».