A parità di ruoli alle donne il 13% in meno di stipendio

Imprenditrice dall’età di 19 anni, svolge il suo lavoro nell’intermediazione di immobili ed aziende con dedizione e passione, fino a diventare amministratore unico dal 1995 dell’impresa familiare fondata dal nonno oltre 90 anni fa. Nominata Cavaliere della Repubblica nel 1992, attenta ai temi della professionalità e correttezza lavorativa, è stata la prima presidente donna nella storia di FIMAA Milano, consigliera della Camera di commercio e oggi è Membro di Giunta e Consiglio in Confcommercio Milano.

Da sempre impegnata per lo sviluppo e la valorizzazione dell’imprenditoria femminile, dal 2018 è presidente del Gruppo Terziario Donna di Confcommercio Milano e dal 2019 membro del Consiglio Nazionale. Un curriculum che consente a Lionella Maggi di parlare – e a ragione – del ruolo delle donne nell’imprenditoria e più in generale nella società italiana, oggi e domani.

Lionella Maggi, presidente del Gruppo Terziario Donna Confcommercio Milano e dal 2019 nel Consiglio Nazionale

Quanto è ancora lunga la strada in Italia per sfondare il famoso tetto di cristallo che impedisce alle donne di far carriera al pari degli uomini?

«È una strada sicuramente più breve di quella che si presentava pochi anni fa, ma rimane decisamente in salita. A parte la distanza in numeri assoluti tra le posizioni di prima linea nelle aziende, il soffitto si dice di “cristallo” perché è difficile da percepire ad un primo sguardo, ad esempio riguarda spesso il divario retributivo: stessa posizione, diversa retribuzione; le donne guadagnano, in media, il 13% in meno rispetto agli uomini. Il nostro Gruppo Imprenditrici ha sottoscritto a livello lombardo il Manifesto Equal Panel, che incoraggia l’aumento delle donne in ruoli di responsabilità e la sensibilizzazione di pubblico e privato e stiamo monitorando i panel dei convegni organizzati da noi per verificare la presenza femminile e soprattutto come si evolve nel tempo».

Nel mondo delle vostre imprese negli ultimi anni ha visto passi avanti in questo senso?

«Quello che Confcommercio rappresenta, il terziario di mercato, è un settore tradizionalmente molto aperto per l’imprenditoria femminile: commercio, turismo, servizi, professioni contano circa il 70% delle imprese femminili in Italia. Ci piacerebbe però che venisse riconosciuto il ruolo delle donne imprenditrici non solo quando costituiscono un’impresa femminile (cioè sono titolare uniche o sono in società con maggioranza di donne), ma semplicemente quando accolgono il rischio e la sfida di fare impresa. Su questo stiamo cercando di sensibilizzare le istituzioni nella realizzazione dei bandi e delle misure di sostegno».

Ha visto segnali positivi nella conciliazione fra lavoro e famiglia nell’ultima legge di bilancio del governo Meloni?

«È forse ancora presto per valutare gli effetti della nuova Legge di Bilancio. Negli ultimi mesi ha preso invece corpo quanto stabilito dal precedente Governo sulla certificazione di parità. Come Confcommercio Milano abbiamo così avviato il “Punto Parità”, sportello che assiste le nostre imprese nel percorso della certificazione di parità fino al suo ottenimento. La certificazione della parità di genere non solo attesta l’applicazione di misure che riducono il divario di genere sul lavoro (retribuzione, mansioni, tutela della maternità, politiche di gestione delle differenze di genere eccetera) ma consente di ottenere importanti agevolazioni e sgravi fiscali. Conviene. Ma c’è grande bisogno, soprattutto per le PMI, di venire accompagnate in queste iniziative pubbliche».

Più in generale, cosa servirebbe per dare una reale svolta secondo la sua esperienza?

«Dal punto di vista normativo, sarebbe importante che imprenditrici e libere professioniste si vedessero riconosciute un reale sostegno alla maternità. Dal punto di vista culturale, sono convinta che fare gruppo e lavorare su progetti che partano dalla valorizzazione delle persone per arrivare ad avere un impatto sociale. Come Terziario Donna Milano, abbiamo avviato lo scorso anno un programma di coaching e mentoring che ha visto coinvolte imprenditrici del nostro mondo dove si sono avviate tante sinergie di valore. E ancora penso ai progetti di educazione finanziaria che abbiamo avviato con la fondazione internazionale Global Thinking Foundation, impegnata nel contrasto alla violenza economica. Per noi è importante dare punti di riferimento per le imprenditrici di diverse generazioni, in modo che trovino nella nostra Associazione un punto di incontro utile e “di senso” per la loro esperienza professionale e personale».

Mi citi una bella storia di riscatto da parte di una vostra associata, una storia di coraggio che l’ha colpita particolarmente in questi anni di suo impegno in prima linea per le donne.

«Le storie sono davvero tante: l’autoimprenditorialità infatti può essere una forma straordinaria di riscatto, materiale, sociale ma in tantissimi casi di realizzazione prima di tutto personale. Le donne sono più propense ad allineare la loro attività professionale con i loro valori personali: mettersi in proprio è una strada dura ma che permette di farlo. Mi viene adesso in mente la storia di Ilaria Cecchini, mamma e professionista in grandi aziende, che si è messa in proprio con il suo progetto “Women For Business”. WFB è la prima piattaforma di incontri professionali tra donne che cercano un progetto professionale e aziende alla ricerca di tali competenze, attraverso un algoritmo in cui non sono stati codificati i bias e gli stereotipi culturali che ostacolano l’ingresso e la permanenza delle donne nel mondo del lavoro. Questa storia mi piace perché è già di per sé una lotta agli stereotipi: la tecnologia creata dalle donne aiuta non le donne, ma il mercato».